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PROBLEM SOLVING

PROBLEMA O DIFFICOLTA’?

Impariamo sempre a ragionare alimentando la vista.  un ottimo sistema che ci consente di avere una percezione della situazione, non quella percepita ma quella reale e necessita di profondità e di forme. Se un pensiero o un idea  rimane nella nostra mente in fase improduttiva, senza essere stimolato, non gli diamo un senso logico di lavoro. Il pensiero è una costruzione propedeutica e seriale che va reso operativo, non è come un buon vino di riserva che più sta al buio e immobile, più diventa buono il suo contenuto. E’ l’esatto contrario.

Impariamo a vedere il nostro pensiero

Abituare sempre la vista ad avere un rapporto prediletto con il pensiero, per fare questo ci può essere di grande aiuto la scrittura. Identificare lo stato generale della situazione nella quale ci si trova attraverso un percorso composto da  numeri, lettere, disegni o simboli è fondamentale. Imparare a scrivere, crearsi uno spazio, sviluppare le dimensioni e le forme, crearsi un campo di azione ed una visione, ci aiuta a creare l’immaginario visivo, lo scenario citato prima, per meglio cogliere tutti gli aspetti della situazione.

Pensare di avere un problema…                                                                        …non è uguale al fatto di vederlo!

Mettere nelle condizioni la mente di lavorare supportata dalla tridimensione  aiuta a memorizzare le informazioni al fine di consentirci utili e ragionati sforzi. Prima abbiamo indicato la criticità in termini temporali, identificando secondo noi, i tempi nei quali il problema può assumere trasformazioni, adesso stabiliamo dei livelli di criticità oggettivi del problema. Una volta schematizzato il nostro disagio o problema, dobbiamo dare un ordine di priorità.

La maggior parte di noi abbina al problema principale altri problemi secondari che riteniamo utili per risolvere il problema principale. Spesso per risolvere un problema alimentiamo altri problemi, dimenticandoci delle cause e delle dinamiche che ci occorrono realmente per portarlo a soluzione.

Normalmente un problema è una incognita, cioè un fattore che ci oscura la visione identificativa dello styesso. Un conto è una difficoltà e un altro è il vero problema.

Come possiamo distinguere un problema da una difficoltà? Prima di trovarci di fornte ad una difficoltà cosa troviamo? Possiamo trovare un ostacolo? Come vedere esistono diversi criteri di caratterizzazone del problema.. proviamo ad analizzarli insieme. Da dove partiamo?

Oggi non mi sento bene e credo che non andrò al lavoro..

Adesso proviamo a dare una serie di carateerizzazioni a questa frase.

Parliamo di noi stessi in prima persona , quindi +PS

Oggi + non+ mi +sento+ bene+ e+ credo+ che+ non+ andrò+ al +lavoro..

QUEST FRASE A I COSIDETTII COLLEGAMENTIO: 11

Bene, adesso proviamo a teorizzare i gruppi di appartenenza.

Oggi + questo è un fattore di tempo

1.non+ mi +sento+ bene+  +PS

2. e+ non ci interessa in quanto è pura congiunzione

3.credo+ +PS

4. che+ non ci interessa in quanto è pura congiunzione

5.non+ andrò+ negazione dinamica

6.al

7.+lavoro.. luogo sociale, sicurezza personale , economia

 

Bene adesso troviamo nella frase stessa il senso logico del problema

In quale punto si trova? Risposta a pag.12

Il problema va analizzato per nuclei di appartenenza.

Ogni problema universale, qualsiasi problema, non è altro che un perfetto e eterogeneo gruppo di componenti singoli che, se uniti tragicamente insieme, ci condizionano negativamente. Questo gruppo lo chiameremo nucleo centrale. L’insieme che genera ed alimenta il nucleo centrale è formato per diverse dimensioni di criticità, tempi di risposta e densità composti sottoforma di “contenitori correlati tra di loro” che chiameremo nucleo remoto ( fig. cerchi bianchi). Il condizionamento del nucleo centrale avviene sistematicamente per la sottovalutazione dell’entità e del tempo, caratteristiche che sono da considerarsi principali per affrontare con logica il problema.

Il nucleo remoto ha una sua densità, cioè porta dentro di sè un percorso non risolto, un ostacolo aggirato e non eliminato sul percorso.  Si sviluppa ed interagisce autoalimentandosi quasi per partogenesi e, nella maggior parte dei casi, riguarda strettamente la nostra sfera di azione, con particolare attenzione agli strumenti adottati per la sua risoluzione.

Dapprima non assume una importanza determinate per noi, proprio perché non vediamo in quel piccolo nucleo una possibile difficoltà o minaccia, poi però, assume nel tempo, una dimensione , una forma e uno spazio più caratterizzato. La sua forza scatenante si mantiene e si rafforza con l’aggregazione ad altri nuclei remoti che fanno parte di tempi e dimensioni diverse che si uniscono formando il grande ostacolo, il nucleo centrale. Se pensiamo al nostro più piccolo problema o al  problema più grande del mondo che si possa mai presentare all’umanità, entrambi hanno le stesse identiche caratteristiche in comune: il tempo.

Infatti il problema non nasce da se stesso come tale, ma nella nostra incapacità soggettiva di valorizzare il tempo nel quale esso si è sviluppato. Il tempo, essendo convenzionale  e regolato, non cambia tecnicamente un problema, ma praticamente lo condiziona, fino a renderlo visibile ai nostri occhi... quando ormai è troppo tardi per essere gestibile.

 

Impariamo a vedere il nostro pensiero.

Pensarlo e basta non ci aita

 

Abituare sempre la vista ad avere un rapporto prediletto con il pensiero, per fare questo ci può essere di grande aiuto la scrittura. Identificare lo stato generale della situazione nella quale ci si trova attraverso un percorso composto da  numeri, lettere, disegni o simboli è fondamentale. Imparare a scrivere, crearsi uno spazio, sviluppare le dimensioni e le forme, crearsi un campo di azione ed una visione, ci aiuta a creare l’immaginario visivo, lo scenario citato prima, per meglio cogliere tutti gli aspetti della situazione.

Pensare di avere un problema… …non è uguale al fatto di vederlo!

Mettere nelle condizioni la mente di lavorare supportata dalla bi dimensione e dalla tridimensione  aiuta a memorizzare le informazioni al fine di consentirci utili e ragionati sforzi. Prima abbiamo indicato la criticità in termini temporali, identificando secondo noi, i tempi nei quali il problema può assumere trasformazioni, adesso stabiliamo dei livelli di criticità oggettivi del problema. Una volta schematizzato il nostro disagio o problema, dobbiamo dare un ordine di priorità,

Il problema va analizzato per nuclei di appartenenza.

Ogni problema universale, qualsiasi problema, non è altro che un perfetto e eterogeneo gruppo di componenti singoli che, se uniti tragicamente insieme, ci condizionano negativamente. Questo gruppo lo chiameremo nucleo centrale. L’insieme che genera ed alimenta il nucleo centrale è formato per diverse dimensioni di criticità, tempi di risposta e densità composti sottoforma di “contenitori correlati tra di loro” che chiameremo nucleo remoto ( fig. cerchi bianchi). Il condizionamento del nucleo centrale avviene sistematicamente per la sottovalutazione dell’entità e del tempo, caratteristiche che sono da considerarsi principali per affrontare con logica il problema.

Il nucleo remoto ha una sua densità, cioè porta dentro di sè un percorso non risolto, un ostacolo aggirato e non eliminato sul percorso.  Si sviluppa ed interagisce autoalimentandosi quasi per partogenesi e, nella maggior parte dei casi, riguarda strettamente la nostra sfera di azione, con particolare attenzione agli strumenti adottati per la sua risoluzione.

Dapprima non assume una importanza determinate per noi, proprio perché non vediamo in quel piccolo nucleo una possibile difficoltà o minaccia, poi però, assume nel tempo, una dimensione , una forma e uno spazio più caratterizzato. La sua forza scatenante si mantiene e si rafforza con l’aggregazione ad altri nuclei remoti che fanno parte di tempi e dimensioni diverse che si uniscono formando il grande ostacolo, il nucleo centrale. Se pensiamo al nostro più piccolo problema o al  problema più grande del mondo che si possa mai presentare all’umanità, entrambi hanno le stesse identiche caratteristiche in comune: il tempo.

Infatti il problema non nasce da se stesso come tale, ma nella nostra incapacità soggettiva di valorizzare il tempo nel quale esso si è sviluppato. Il tempo, essendo convenzionale  e regolato, non cambia tecnicamente un problema, ma praticamente lo condiziona, fino a renderlo visibile ai nostri occhi... quando ormai è troppo tardi per essere gestibile.

Lo scenario critico di un problema è come il cuore per il nostro organismo. Per definizione il problema è:

la creazione di un incognita sistemica derivata dall’ostacolo procedurale utile a individuare la sua soluzioni.

Per essere pratici, tutto è un problema se le sue derivazioni non sono mai state risolte. Se vogliamo davvero risolvere il problema, dobbiamo sempre vederlo in termini di nucleo remoto e nucleo centrale. È buona cosa pensare di visualizzare il problema, come abbiamo già detto, secondo le proprie conoscenze, disegnarlo e renderlo visibile. Per ognuno avrà una forma e dimensione diversa, ma in tutti i problemi vi sono delle comunanze sia grafiche che dimensionali.

Analisi remota. Quando pensiamo ad ogni cosa non possiamo prescindere da collocarla sia in uno spazio che in un tempo. Partendo da un presupposto imprescindibile, cioè che

il tempo presente non esiste

 in quanto non esistono parametri di valutazione oggettiva se non quelli creati da noi, ma per ognuno diversi, si deve pensare che il nostro vivere è costituito di un tempo utilizzato e di un tempo da utilizzare. Mentre per il tempo utilizzato possiamo codificare il suo modo e il suo uso, nonchè il suo periodo di riferimento, per il tempo non conosciuto, cioè il tempo futuro, abbiamo una proiezione di semplice ipotesi: non sappiamo quanto saremmo in grado di viverlo, ma possiamo pianificare il come viverlo.

Se pensiamo a noi stessi dobbiamo pensarci in qualità di individui, di singoli, di costruzione personale, di elementi che ci contraddistinguono per la nostra univocità. Siamo un patrimonio di informazioni e percorsi che abbiamo, e dovremmo fare “l’importante è la salute” sembra una banalità, una ovvietà. Entrambe le abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni eppure anche nelle ovvietà nelle cose che diamo per acquisite, duplicabili e ripetibili con padronanza e facilità, si annidano le scelte che ci possono stravolgere l’esistenza. Facciamo e pensiamo le cose con il criterio dell’ovvio e spesso non ci troviamo in accordo con gli altri su concetti banali. Eppure sono semplici. Attenzione, l’ovvio non è necessariamente qualcosa di semplice, altrimenti non sarebbe ovvio... semmai è qualcosa che ripetiamo che pensiamo visto la facilità di applicazione e del risultato.

Spesso l’ovvio, ciò che noi consideriamo tale, non è poi da confondersi con uno stato scontato, piuttosto con informazioni che abbiamo in relazione all’esame della cosa..

 Alcuni medici affermano che L’ovvio è una malattia curabile, una declinazione delle abitudini al comportamento condizionato, una forma di paralisi creativa che cinge il nostro vivere e che si tramuta in errore. La continua ripetizione dell’ovvio duplica insicurezza, destabilizza e ci rende pericolosi per noi stessi e per gli altri.

L’ovvio è la suggestione percettiva che razionalizza

Qual è la cosa più ovvia de mondo? Ce lo sim mai chiesti? Qual è quella cosa talmente ovvia, scontatari indiscutibile risulta che facciamo spesso senza domandarci il come la facciamo e il perché? Potremmo fare una lista e  accorgeremmo che andremmo ad occupare decine di pagina riempite di contenuti, questi contenuti sono azioni che riproducono il nostro vivere.. sfacessimo incontro delle azioni accorgeremmo che oltre il 70% delle azioni stese sono l frutto dell’ovvio, da non confondere con le abitudini.

Riusciremo a vivere almeno una giornata senza cadere nell’ovvio?